E’ una costante dell’umanità: dagli albori della civiltà, l’apparire, il figurare, il ci sono e se ne parli non importa come ma se ne parli, fa parte dell’indole umana. Non penso sia un vezzo da esteti o malati di gossip, io stesso ora sto scrivendo per apparire, nella speranza che qualcuno legga e magari dica: “che bravo, che idea geniale!” Del resto ho sempre considerato una bufala chi ha l’ardire di affermare “lo faccio per me”. Si, anche, ma di riflesso. Mi spiego meglio: se per esempio io mi vesto in un certo modo, qualsiasi esso sia, sicuramente quello stile a me piace, ma quando mi guardo allo specchio, anche inconsciamente, mi chiedo se piacerò, se non a tutti, per lo meno a chi piace a me. Lo stesso punk (quello vero, sulla fighettagine pseudopunk passim), dall’alto del suo rifiuto più totale di tutto e tutti cerca di esprimere qualcosa attraverso l’apparenza. A se stesso, ma pure a chi lo circonda.
Con l’evolversi della società l’apparire ha assunto forme diverse e, particolare di non poco conto, si è espanso in modo esponenziale sui nostri stili di vita. Un tempo era il ritratto e la letteratura, poi venne la fotografia, poi la Polaroid, il cui utilizzo, con i dovuti distingui tecnologici, non era lontano dall’attuale digitale. Nel frattempo il cinema presentava i primi esempi di immagini di successo da consumare: il personaggio non era più ad uso di piccole comunità o posteri, ma raggiungeva in breve tempo i quattro angoli del pianeta, magari abbinato ad una strategia del nascente marketing. La notorietà assumeva aspetti diversi, usciva dal ristretto alveo aristocratico e diventava alla portata di tutti, bramata (e per assurdo raggiungibile) pure da poveri ed analfabeti che vedevano in quell’overdose di foto e cartelloni pubblicitari il riscatto di una vita. Se ricordate il film di Visconti Bellissima (1951), la protagonista Anna Magnani è disposta a qualunque cosa pur di far ottenere alla giovane figlia una parte in un film.
Venne la televisione e ci insegnò l’italiano, ma allo stesso tempo ci abituò, in certi casi narcotizzò, all’importanza dell’ apparire, fino agli estremismi degli ultimi decenni, ben sintetizzati dalla frase di Lele Mora nel documentario Videocracy: “L’importante è apparire.” Sul perchè ed in che modo, sono altrettanto esplicativi i suoi trascorsi giudiziari. Con internet si è giunti alla democratizzazione assoluta dell’apparire. Potremmo parlare degli inventori di Google, Napster e Facebook, ignoti studenti giunti all’altare della fama, ma sarebbe fuorviante. Pensiamo piuttosto all’uso dei social network da parte della gente comune, a quella sovraesposizione, per certi versi incontrollabile, che più o meno volontariamente ci ha investito negli ultimi anni. Pure se non siete su Facebook, è certo che compariate in alcune foto, magari a vostra insaputa. Idem per YouTube: proprio ieri ho visto un video dove apparivo in un primo piano. E’ ormai entrato nella normalità il condividere con tutti, conosciuti e non, immagini ed emozioni sotto forma di foto digitali e post. Anzi, il vero “successo”, se di questo si può e vuole parlare, è misurato in base alla quantità di amicizie (non ahimè la qualità), dai Like ottenuti, da quanti commenti si riescono ad ottenere. Se da una parte l’utilità di questi mezzi è chiarissima, dall’altra può scadere in una ricerca maniacale dell’immagine, dell’apparire ad ogni costo: link banali ma condivisi, post maleducati ma di sicuro effetto, fatti propri condivisi senza rispetto né di se stessi né di chi si ritrova a leggere certe idiozie.
Il must (ma è meglio worst) sono, a mio parere, quelle persone che prima fanno alcune cose che ritengono fonte di chiacchiere e pettegolezzi e subito dopo accusano immaginari denigratori, magari a lettere cubitali (in spregio alla netiquette) di bigottismo, mancanza di apertura mentale ed affini. Ovviamente a ciò seguono risposte di fedayn del personaggio, in prima linea ad offrire assistenza a parole e perché no, pure a fatti. Fa parte della natura umana: qualsiasi rivoluzione ha effetti sia positivi sia negativi sulla società. Sullo sfondo, tolta filosofia e tecnologia, sempre quello c’è: l’importanza di apparire.
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