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Posts Tagged ‘acqua’

Di fiumi è pieno il mondo. Quello dei vivi e pure quello dei morti. Ci sono fiumi che attraversano l’inferno, altri che scendono dalle montagne come una lacrima e fendono la pianura come una colata d’argento. Ci sono fiumi la cui 20130713_184357acqua è in grado di cancellare i ricordi e fiumi capaci di purificare dai peccati. I cinesi sulla riva del fiume attendono il cadavere del loro nemico, i coloni inglesi in America vi costruirono la città più grande del mondo. Il fiume è vita e morte. I romani raccontavano che il fondatore della città eterna fu portato dalle correnti del Tevere, mentre Cesare, per fondare l’Impero, dovette attraversare un fiume di nome Rubicone. Quando poi lasciavano le spoglie terrene, romani o greci che fossero, i defunti dovevano attraversare un paio di fiumi per poter finalmente riposare in pace.

Sul rapporto che ha legato il fiume e l’umanità ci sarebbe un’infinità di cose da raccontare. Ma di questo troverete dissertazioni in ogni dove. A mio parere il fiume è anche una cosa personale, metaforica. (altro…)

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Mentre fuori piove

Una bella giornata di pioggia. Che? Non avete digerito l’aggettivo prima di “pioggia”? Su, non private il vostro spirito dell’essenza poetica celata in quella che i materialisti chiamano precipitazione atmosferica. E poi che colpa ne ho io se vi hanno rubato l’ombrello all’uscita dall’ufficio, se i vostri capelli hanno assunto le sembianze di spaghetti n°11, se al posto del sassolino nella scarpa vi trovate un pesciolino, se il Volga scorre tra la vostra pelle e la maglia della salute (bravi pioche l’avete messa)? Facciamo così: ve lo trovo io un modo per amare questa pioggia. Anzi, non uno, ma tre. Prima, però, dovete raggiungere casa. Con l’impermeabile fradicio e i capelli raggruppati in umide ciocche dubito che tutto ciò possa funzionare.

1- Avrete un letto o un divano appresso ad una finestra, no? E se avete questo avrete pure delle tapparelle o che ne so, degli scuri, a meno che non vogliate svegliarvi ogni mattina al levar del sol. Indi per cui lasciate calare le tenebre, chiudete le riparelle e adagiatevi su quella cosa che avete appresso alla finestra. Ora non vi rimane che ascoltare. La pioggia perde consistenza, umidità, non rimane che il ritmo cadenzato delle gocce sul metallo, sul legno, sul granito. Chiudete gli occhi e troverete in questo tichettìo un’armonia musicale. Lasciate che la pioggia vi accarezzi le orecchie, dopo che per tutta la giornata ha tentato di penetrare fino a tutt’altri anfratti.

2- Siete fortunati: non dovete rifilare gomitate tra le costole di altri pendolari, non dovete nemmeno chiudere l’ombrello pochi centimetri prima di inforcare la porta del Bus e tuttavia un buon quindici secondi prima di potere mettere la testa all’asciutto (causa incomprensione tra chi sale e chi scende il mezzo pubblico). Non dovete perché siete in auto. La giornata lavorativa è finita, la macchina vi attende a pochi metri dal posto di lavoro. Rilassate le natiche sui sedili, appoggiate il capo sul poggiatesta, respirate a fondo e guardate davanti a voi l’acqua scendere disordinatamente sul parabrezza, scomporre forme e colori, mentre una mano di ossigeno e idrogeno tambureggia sopra la vostra testa espandendo nell’abitacolo un ritmo tribale. Al diavolo la palestra, l’appuntamento col gruppo di lettura, l’aperitivo. Concedetevi questo piacere e solo quando i vetri dell’abitacolo saranno saturi del vostro respiro, accendete l’auto e mettete gli sbrinatori a forza 4.

3- Questo è per pochi e per poche occasioni. Necessitate di un balcone capiente e ben riparato e dovete, inoltre, attendere la stagione dei temporali. Tenete un sigaro (se non fumate lo terrete in bocca solamente, stretto tra canino e molare) e una bottiglia di prosecco per quest’evenienza. Quando il temporale arriverà, versatevi un bicchiere e succhiate il sigaro. La nebbia del fumo si mischierà a quella, quasi impercettibile, dell’alcool e a loro volta queste si fonderanno all’effetto visivo dell’acqua scrosciante. Odorate il retrogusto che il fumo dona all’acqua e ricordate che in nessun periodo dell’anno la pioggia ha un odore così caratteristico.

Se siete arrivati a leggere fin qui significa che qualcosa, di questo discorso sulla pioggia, avete apprezzato. A chi ha terminato e maledetto l’autore in anticipo, auguro invece di trovarsi di fianco ad una pozzanghera al passare del Bus, in anticipo giusto quel tanto da lasciarli a piedi, recante a bordo quel tale che un minuto prima si è appropriato dell’ombrello di proprietà di chissà chi.

Tanto mica leggeranno.

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Un chimico, magari quello di Spoon River reso celebre da Edgar Lee Master e cantato da De Andrè, o anche un positivista di fine XIX secolo, vi direbbe senza spocchia accademica che acqua è H2O, nient’altro che due molecole di idrogeno ed una di ossigeno, sempre. Un animista delle foreste angolane obietterebbe ad una tale blasfemia che ogni singolo oggetto, pianta e ovviamente animale del creato ha un’anima ed essa va rispettata ed in alcuni casi adorata, ergo, l’acqua è uno spirito, sia che essa imputridisca in una pozzanghera alle falde del kilimangiaro, sia che luccichi sulla costa di Zanzibar tra gli sguardi anelanti dei turisti occidentali.  Pareri, due lati di quella stessa medaglia che porta il vituperatissimo nome di libertà di pensiero. Ma io, allegro ma non troppo frequentatore di acquazzoni e grandinate varie, una domanda di tale filosofica entità la vorrei porre a chi nell’acqua sguazza ventiquattro ore al dì. Chiedetelo a questo pesce, questo membro del clan ittico che si, sguazza nell’acqua, ma nella sua mente binaria questiona sul perchè l’acqua, che sempre H2O è, abbia un sapore tanto diverso a seconda di dove tu ti trova. Le cose, qualsiasi cosa, hanno un significato ed un sapore diverso a seconda dell’importanza che queste hanno per noi. L’acqua è acqua, dolce o salata, pulita o sporca, ma per chi ci vive ci sono molte altre variabili. Una trota potrebbe chiedere ad un carcerato: di che ti lamenti, vivi nell’aria, come chiunque altro. Una bella fava, risponderà il galeotto. E’ così per tutto, un incantevole posto turistico dove gli autoctoni muoiono di fame tra gli sguardi prosciuttati dei turisti, un agognato anello di fidanzamento con tanto di diamante ottenuto dal sangue congolese. Ma le situazioni non sono immobili: basterebbe poco, una piccola spinta, per cambiare il sapore a quell’acqua. Abbiamo molto più potere di modificare in meglio ciò che ci circonda di quanto noi crediamo, basta aprire la nostra mente. Aprirla, al di là di un recinto, di vetro o di mattoni che sia.

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