Visti oggi sembrano dinosauri, enormi antenati di velocissimi bi-quadrimotori. Eppure per tanto tempo i dirigibili, e le mongolfiere prima ancora, rappresentarono l’atavico desiderio di volare. E’ incredibile quanti rischi è disposto a correre l’animo umano per librare il corpo nell’azzurro, guardare quella terra pregna del sudore e del sangue degli antenati con la superbia di chi può stare sopra tutto e tutti, il somaro che si trasforma in aquila. Icaro e le ali di cera, Aladino e il tappeto volante, l’Astolfo dell’Ariosto in sella all’ippogrifo, perfino Leonardo, al culmine della propria boria inventiva, si cimentò nell’impresa. Dal mito all’epica, la fantasia ha sempre puntato verso il cielo. Questo fu la mongolfiera, il sogno che si tramutava in realtà dopo millenni di estemporanee idee. Ma la mongolfiera era cosa da francesi, borghesi in odore di progressismo, ma con un occhio sempre rivolto al passato. Si, volare era bello oltralpe, ma senza staccarsi troppo dalle natie terre da uva. Furono i tedeschi ad appropriarsi del volo. Il conte Zeppelin inventò il dirigibile e le distanze si accorciarono. I primi esperimenti furono disastrosi, ma il positivismo non accettava nessun passo indietro sulla stada del tecnicismo, l’arroganza teutonica ancor meno. Con la prima guerra mondiale il mondo cambiò e nemmeno il modo di volare fu quello di prima. Inutile rimembrare quei vent’anni. Fu proprio allora, però, che quel mondo pionieristico se ne andò, sorpassato dai velivoli yankee e dalla famosa tragedia dell’Hindenburg, che azzerò la credibilità degli aerostati. Quel dirigibile che il 6 maggio 1937 si schiantò contro il pilone di ormeggio a Lakehurst, New Jersey, non fu il peggior disastro della storia dei dirigibili, ma fu la prima tragedia a grande copertura mediatica: la foto (non è l’unica) ne è il documento principale. Vi fu pure una registrazione radiofonica dell’evento, rimasero celebri le parole del radiocronista al momento dell’impatto: “Oh, the umanity!” Già, l’umanità. Guardando la storia di lì a breve, si potrebbe dire che sia esplosa pure essa con l’Hindenburg. Che poi, altro non era che il nome dell’ultimo presidente tedesco prima di Hitler.
La fine di un modo di sognare
febbraio 5, 2013 di Allegria di nubifragi
Pubblicato su Lampi di magnesio | Contrassegnato da tag dirigibili, hindenburg, tragedia, volare | 12 commenti
12 Risposte
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io amo questi post. quelli che in venti righe riescono a cogliere e comunicare, con semplicità, l’essenziale.
è un complimento davvero bello. Grazie…
Concordo con chi mi ha preceduto 😉
Grazie mille…
non sapevo di quel commento… molto interessante, specie pensando a cosa accadrà di lì a poco.
esatto. E’ strano come la storia dia a volte dei segnali. Anche il fatto che il dirigibile si chiamasse Hindenburg mi ha sorpreso. Niente di sovrannaturale, ovviamente, ma strano e affascinante.
Senza lo Zeppelin chi sarebbero stati i Led Zeppelin? Poi mi ricordo il dirigibile Italia di Umberto Nobile e quello pubblicitario della Good Year, che mi faceva stare a naso in su per ore quando ero davvero un bambino. Affascinanti strumenti.
come le mongolfiere. Un modo che sembra lontano ma continua ad esercitare il suo fascino…
Ad esempio a Mondovì, nel Cuneese, c’è ogni anno un raduno di mongolfiere davvero notevole. Passeggiare per la zona e vedere tutte quelle mongolfiere volare è davvero emozionante…
Gli aerei invece sono tutto meno che emozionanti, asettici, con procedure rigide e meccaniche…
la penso esattamente come te…
«E’ incredibile quanti rischi è disposto a correre l’animo umano per librare il corpo nell’azzurro, guardare quella terra pregna del sudore e del sangue degli antenati con la superbia di chi può stare sopra tutto e tutti, il somaro che si trasforma in aquila.»
È strano vecchio Allegria, ma stavo pensando qualcosa del genere proprio ieri sera. Non so se tu sai volare, ma le tue parole volano bene, con eleganza e respiro, planano sul paesaggio della vita. Vengo a leggerti, ogni tanto, per volare con te, amico.
Sono commosso…. non voglio aggiungere altro per non imbruttire quello che hai detto…