Mi ha svegliato il rumore della pioggia, il tichettio sordo e ripetuto di una goccia d’acqua che cadeva sull’elmetto, il millimetrico schizzo che dal metallo rimbalzava sulle mie gote. Acqua più terra significa fango e il fango, la melma, lo sapete bene, è cosa brutta assai. Ma non per me e nemmeno per il Gigi di Modena, che ancora dorme dietro me, schiena contro schiena per scaldarci l’un l’altro e non lo è nemmeno per quel mona di Tonio, non ricordo mai di dov’è, mi sembra inizi con la T ma non l’avevo mai sentito quel nome. Dovete sapere, non ho molta cultura, sono arrivato solamente alla terza elementare e poi c’era bisogno di qualcuno che badasse alle mucche, perchè dei due fratelli maschi che mi precedevano, uno è morto nella prima pubertà e l’altro aveva ormai spalle larghe e braccia forti per sollevare covoni di fieno. A proposito, è ancora vivo il Tonio? Sempre meglio controllare al mattino, durante la notte qui accadono cose strane, come due o tre giorni fa, quando tutti si chiedevano perchè il Tore non si svegliava e tutti abbiamo riso quando ci siamo accorti che dormiva con il suo fratellino in mano e tutti gridavamo Tore ti manca la fidanzatina, ma Tore non reagiva proprio e allora siamo tutti sbiancati, finchè uno di noi ha allungato una mano tremolante, sperando in una burla di quel terrone d’un zappaterra. Macchè, mentre il corpo già freddo si girava su se stesso, Tore sembrava salutarci con un sorriso striminzito e allungato da un rigagnolo di sangue e io pensai che la notte prima sarebbe stato meglio che si fosse davvero messo a pensare alla fidanzatina, invece che levare quel suo capoccione riccioluto sopra la superficie della trincea. E dire che il Colonnello fin dal primo giorno di trincea si raccomandò di fare pipì in ginocchio e mai in piedi, mai, perchè qui i camminamenti sono bassi e i fucili austriaci insonni e vicini. Povero Tore. Ecco, ora scende una lacrima e non è buono, no, non lo è assolutamente, chi sta in trincea ha a disposizione due minuti massimo per ogni addio, lo dice sempre il Colonnello, poi deve pensare alla propria pelle, altrimenti di tempo ne avrà quanto ne vuole. Scusate, stavo parlando della pioggia e del fango, ma come mi capita sempre mi perdo in parole, me lo dice sempre il Colonnello e lo diceva pure la mia povera Nonna che parlo troppo e non riesco mai a congiungere l’inizio con la fine. La pioggia, dicevo, è manna dal cielo per noi che condividiamo il rancio con i topi e facciamo la pipì in ginocchio. La pioggia bagna le polveri, confonde le figure, inumidisce lo spirito battagliero dei popoli. Insomma niente guerra e siamo tutti contenti e anche il Colonnello, lui che alla guerra ci crede, pure lui a cui hanno spiegato perchè la si fa questa guerra è contento. Osservo rivoli di acqua marrone scendere in verticale sul muro portante della trincea e raggrumarsi in putride pozze. Sprofondo l’avambraccio nel fango e chiudo gli occhi pensando alla melma di casa mia, quel bel mischione di terra, piscio di vacca e merda di gallina dove affondavo i piedi nelle giornate acquose della mia povera infanzia, quando, anche allora, la pioggia mi permetteva di schivare ciò che non mi andava di fare. E allora ben venga, cada sopra noi e sopra ceccopeppe, sopra la russia e l’inghilterra, sopra le trincee sparse in questo mondo che non conosco e sopra la mia casa e la mia stalla, che invece conosco benissimo. E ora chiudo gli occhi, mentre scaldo la mia schiena umida contro quella di Gigi e lascio che una goccia mi lambisca la guancia e scenda fino alla mia bocca. Sempre meglio l’acqua putrida che il sangue. Mi sto addormentando, vorrei sognare le mie mucche, le più belle di tutto il paese. Vorrei un mondo di fango, un’enorme strada di fango che mi congiunga con le mie mucche. Le deve vedere, Signor Colonnello, uno spettacolo davvero. Chissà, forse è per questo che facciamo la guerra, perchè quei porci di austriaci hanno saputo delle mie mucche e le vogliono per regalarle a quel mona di un imperatore. Ah, signor Colonnello, vinceremo, glielo assicuro, e quando tutto sarà finito verrà da me e le regalerò il vitello più bello. Ma ora riposiamoci. Che bella la pioggia, Gigi.
Pioggia e fango
aprile 13, 2012 di Allegria di nubifragi
Pubblicato su Racconti in cerca di autore | Contrassegnato da tag allegria di nubifragi, guerra, pioggia e fango, racconto, trincea | 10 commenti
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Sembra che tu ci sia stato. Come fai? Complimenti sul serio, chi legge e’ trasportato per qualche riga in quel fango, quasi lo sente addosso e sente l’odore di casa sua. Bravo e continua sempre a scrivere.
Beh, me lo avranno trasmesso i miei bisnonni, loro ci sono stati…
complimenti, gran post.
thanks!
Bello davvero.
Ps tempo mul, spossa al cul ( come dite voi veneti)
sono lunigianese! pensavi fossi veneto per il “mona”?
Stupendo!
detto da una scrittrice fa davvero piacere
gran bel racconto, passione e abilità, complimenti.
molto bello! bravo!