Essere figlio di un ferroviere significa, tra le altre cose e alcune di non poco conto come non pagare il biglietto fino alla veneranda età di venticinque sigh anni, significa, dicevo, essere svezzato allo stridore dei freni e a quell’odore inconfondibile di treni e rotaie che penetra nelle narici non appena l’occhio scorge un cartello blu con scritta bianca o una croce di Sant’Andrea con luce rossa incorporata. Lo riconosco ovunque quell’odore, i miei sensi ne sono attratti, gli organi preposti all’olfatto si tendono come corna di lumache, la mia mente scatena flash di oramai ancora sigh arcaiche vacanze con genitori, berretti con lo stemma FS, treni fischianti nelle notti insonni della prima adolescenza, perchè ogni ferroviere che si rispetti deve avere la sua casa vicino alla stazione. L’ho riconosciuto, si l’ho riconosciuto pure qui, in quest’isola di macchine roboanti e autobus spericolati, barche silenziose e scafi inquietanti, Malta, caotico avamposto britannico tra l’Italia e l’Africa, che poi, in fondo, ormai non c’è nemmeno tanta differenza tra le due sponde e forse è meglio così. Malta, dove gli inglesi hanno imposto lingua e guida snob all’opposto del mondo intero, Malta, che dai padri della rivoluzione industriale non ha però preso il simbolo per eccellenza di quel cambiamento apocalittico avvenuto un paio di secoli or sono tra le brume di Sheffield e Northampton: la ferrovia. Niente treni, niente stazioni, niente inconfondibile odore di sferragliamento. Ma io, il mio atavico odore, l’ho portato con me, è qui anche ora, a due metri dalla postazione dove scrivo, è la mia valigia seminuova, comprata per l’occasione e mai utilizzata su alcun treno. Lo so, nemmeno io riuscivo a svelare l’arcano, ma poi l’illuminazione mi è arrivata guardando il mare all’orizzonte, con una Cisk in mano e tanta confusione (di altra natura) in testa. Ecco, me ne stavo proprio li sullo scoglio e mi vedo passare lontano un mercantile, uno di quei cargo strapieni di container, navi che sbucando dal Canale di Suez risalgono per queste rotte e raggiungono i grandi porti del nord con le loro merci Made in China. E proprio dalle invivibili città-industrie cinesi proviene la mia valigia! Ecco, pensai allora, dove ha preso quell’odore di ferraglia! I container! Pensando di aver scoperto chissà che cosa, ho finito in fretta la lattina e mi sono diretto a casa, dove, senza vergogna alcuna, ho abbracciato la mia valigia come fosse il cuscino di una cuccetta di un vagone letto. Bag, sweet bag.
L’odore dei treni. A Malta.
Maggio 5, 2012 di Allegria di nubifragi
Pubblicato su Da qualche parte | Contrassegnato da tag container, ferrovia, made in china, malta, Treno | 6 commenti
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ehi non mollare buddy…
grazie masticone, hai centrato il bersaglio….
Io un salto a Gozo e alla sua spettacolare Blue Window ce lo farei se fossi in te!
Besi
G.
senza dubbio!
le tue parole mi evocano ricordi di interail. sigh. vecchiezza incipiente. sigh.
a chi lo dici… sigh…